A Trieste la giornata della memoria è sempre un giorno grigio, oggi ancor di più, perché anche il tempo, dopo il sole dei giorni scorsi, ci ha svegliato con un foschia cupa, che ai triestini mette sempre mestizia e in queste giornate particolari ancor più.
Le pagine di storia cupe e da dimenticare in una citta di confine, come Trieste, sono spesso tante, forse troppe. Se questa città poi si trova su un confine, che per tanti anni, è stato il simbolo di una guerra fredda, purtroppo (alla luce dei recentissimi fatti di cronaca) forse non ancora sorpassata, come potete immaginare i ricordi di un passato che si sperava sepolto tornano a bussare.
A Trieste la giornata della memoria è ancora una ferita aperta
Ai triestini non piace ricordare un determinato pezzo di storia, molti soprattutto quelli più anziani non amano parlarne, per loro la guerra e la Risiera di San Sabba sono ancora ferite molto aperte.
Una di queste ferite che non si riescono a chiudere è la presenza in città della Risiera di San Sabba, campo di concentramento e unico campo di sterminio nazista sul territorio italiano.
Se parlate con i vecchi triestini vi diranno noi non ne sapevamo nulla o meglio non sapevamo cosa succedesse lì.
Vero? Falso?
Non potremo mai saperlo, anche perché molti dei triestini che possono essere stati testimoni degli avvenimenti, oggi sono morti o a quel tempo erano talmente piccoli che probabilmente, realmente, non avevano idea di cosa succedesse alla periferia della città, dietro alle alte mura di quella che per tanti era soltanto una fabbrica.
La Risiera di San Sabba un luogo che si vorrebbe dimenticare ma che è giusto ricordare
Entrare alla Risiera per un triestino è indubbiamente difficile, si posa sul cuore un macigno di pensieri e rimorsi.
Anche chi come me ai tempi non era nato e neppure nei pensieri dei nonni, che vivevano in altre parti dell’Italia e del mondo, viene colto da un senso di oppressione mista a senso di colpa.
Io personalmente sono stata alla Risiera la prima volta da bambina assieme a mio nonno, che in quegli anni non era a Trieste e a un suo amico che invece viveva non troppo lontano e che ci spiegava che a lui bambino quel luogo aveva sempre creato paura e suggestione.
Questo signore a me piccolina, se ricordo bene ero ai primi anni delle elementari, raccontava di camion, carichi di operai, di militari armati a guardia, di odori e di strani fumi, che ai residenti di zona sembravano sospetti.
Ma chiedere non si poteva e non era neppure salutare. Perciò si parlava, si sussurrava, si sospettava, ma forse i sospetti di una popolazione non ancora avvezza alla cinematografia holliwoodiana non riuscivano a comprendere la realtà.
Il corridoio che porta alla Risiera di San Sabba
Alla Risiera poi ci sono tornata altre volte, non tantissime a dire il vero, con la scuola o per accompagnare amici e parenti in visita a Trieste, ma confesso che spesso accampo scuse per non accompagnarli, perché percorrere il grigio corridoio in cemento armato, che oggi conduce alla Risiera, è un percorso che riporta in me alla memoria l’emozione e il senso di frustazione di quella persona che per prima me l’ha raccontato e la cosa non è per nulla piacevole.
Ai tempi in cui io visitai per la prima volta la Risiera di San Sabba a la sua storia non era ancora nota, il luogo non era ancora museo nazionale e stava appena venendo aperto ai visitatori, la ristrutturazione era ancora agli inizi. La parte visibile era molto più piccola, i muri in cemento armato erano in costruzione, parte della costruzione era ancora in degrado e in abbandono. La verità storica era ancora tutta in divenire.
L’architetto Romano Boico, vincitore del concorso indetto dal Comune di Trieste nel 1966 per trasformare la Risiera nell’attuale Museo (inaugurato nel 1975), così motivò il suo progetto: “La Risiera semidistrutta dai nazisti in fuga era squallida come l’intorno periferico: pensai allora che questo squallore totale potesse assurgere a simbolo e monumentalizzarsi. Mi sono proposto di togliere e restituire, più che di aggiungere.
Eliminati gli edifici in rovina ho perimetrato il contesto con mura cementizie alte undici metri, articolate in modo da configurare un ingresso inquietante nello stesso luogo dell’ingresso esistente. Il cortile cintato si identifica, nell’intenzione, quale una basilica laica a cielo libero. L’edificio dei prigionieri è completamente svuotato e le strutture lignee portanti scarnite di quel tanto che è parso necessario. Inalterate le diciassette celle e quelle della morte. Nell’edificio centrale, al livello del cortile, il Museo della Resistenza, stringato ma vivo. Sopra il Museo, i vani per l’Associazione deportati. Nel cortile un terribile percorso in acciaio, leggermente incassato: l’impronta del forno, del canale del fumo e della base del camino”.
Dal sito del Museo della risiera di San Sabba – spiegazioni
Risiera di San Sabba oggi monumento Nazionale
Oggi la Risiera di San Sabba è monumento nazionale, meta di pellegrinaggi di scolaresche e studiosi.
Le sue mura sono coperte di targhe a imperitura memoria, il sito del museo recita:
Il grande complesso di edifici dello stabilimento per la pilatura del riso – costruito nel 1898 nel periferico rione di San Sabba – venne dapprima utilizzato dall’occupatore nazista come campo di prigionia provvisorio per i militari italiani catturati dopo l’8 settembre 1943 (Stalag 339). Verso la fine di ottobre, esso venne strutturato come Polizeihaftlager (Campo di detenzione di polizia), destinato sia allo smistamento dei deportati in Germania e in Polonia e al deposito dei beni razziati, sia alla detenzione ed eliminazione di ostaggi, partigiani, detenuti politici ed ebrei.
Da Il sito del Museo della risiera di San Sabba
Nel sottopassaggio, il primo stanzone posto alla sinistra di chi entra era chiamato “cella della morte”. Qui venivano stipati i prigionieri tradotti dalle carceri o catturati in rastrellamenti e destinati ad essere uccisi e cremati nel giro di poche ore. Secondo testimonianze, spesso venivano a trovarsi assieme a cadaveri destinati alla cremazione.
Nei suoi piazzali si trovano corone, deposte dalle autorità che in giornate come questa giustamente vengono a commemorare gli orrori di un’epoca passata, statue di famosi scultori, foto e mostre fanno bella mostra di sé nelle sale e lungo i corridoi.
L’eredità della Risiera di San Sabba a Trieste
Non sta a me certamente cercare di dare una risposta ai quesiti della storia, non sono una studiosa, né ho velleità di ricostruire le vicende e i sentimenti di una città complessa come Trieste.
Posso solo pensare che effettivamente la posizione, molto decentrata della Risiera posta nel periferico rione di San Sabba, oggi zona sportiva di Trieste, con stadio, palazzetto, struttura per l’atletica e ipermercati, a quel tempo era probabilmente molto lontana dalla vita vissuta di molti triestini e che il periodo storico in cui vivessero non induceva a fare e a farsi molte domande.
Questo ovviamente non vuol scusare né tantomeno minimizzare il peso delle passate azioni, ma come al solito cerca di spiegare e di svelare a chi Trieste e i suoi abitanti non li conosce le contraddizioni e i macigni del tempo, che in questa città sono ancora reali e pesano più che in altri luoghi.