Oggi parliamo di Terra rossa istriana.
Rosso Istria film in onda per il giorno del ricordo.
In occasione della messa in onda, su Rai Movie, di Red Land – Rosso Istria film che celebra il 10 febbraio – giorno del ricordo (solennità nazionale Istituita con la legge 30 marzo 2004 n. 92, per «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale»), ripropongo un mio articolo scritto nel 2018 all’uscita del film nelle sale e per farlo mi sposto un po’ oltre confine, in terra d’Istria.
Rosso Istria è un film controverso, che tratta la questione istriano-dalmata. Fin dalla sua proiezione ha scatenato molteplici reazioni. Come poteva essere altrimenti, l’argomento esodo istriano – dalmata anche a distanza ormai di 80 anni ancora fa discutere e scalda gli animi.
Come sempre in Italia, in regione e soprattutto in città il film ha scatenato e continua a suscitare polemiche e reazioni, a mio dire, come sempre esagerate. Da un lato lodi sperticate, dall’altro come al solito prese di posizione anti fasciste. Parliamo di storia e di dopo guerra, quindi di verità, non di tifo da stadio, ma su queste questioni sembra che un minimo di oggetività non si riesca proprio a ottenere.
Storie del Friuli Venezia Giulia e dei confini orientali
poco importa di dibattiti, non voglio entrare in questioni che non competono me e neppure il blog, che trattando di Friuli Venezia Giulia e delle sue storie, di quelle si interessa.
Come però già detto varie volte la storia sui confini e soprattutto qui sul confine orientale non è sempre tutto bianco o tutto nero, anzi il più delle volte si colora di mille sfumature dimenticate o forse meglio dire difficili da comprendere. Ricordate? Ne avevamo parlato anche in occasione della visione di Storie dai Boschi di Castagne, in cui si trattava di Slavia veneta e delle sue genti alle volte dimenticate).
Torniamo al film, in onda in questi giorni su Rai movie, ma visibile anche sulla piattaforma Rai Play, (vi lascio il link se avete voglia di guardarlo).
Pellicola riuscita, almeno a mio giudizio, molto avvincente, che riesce a dosare durezza e lievità , senza diventare mai didascalica, ma al contempo senza cadere nella facile retorica di buoni e cattivi. Lo stile è asciutto e diretto, mai buonista, mai scontato.
Italia, settembre 1943. Dopo l’armistizio e la fuga del Re, i teatri di guerra del Nord-Est vedono l’avanzare dei partigiani di Tito. Al centro del racconto, in questo drammatico contesto storico, la figura di Norma Cossetto, giovane studentessa istriana, barbaramente violentata, uccisa e gettata in una foiba dai partigiani titini.
Recita la sinossi sul sito Rai Play
La pellicola all’apertura ci porta alla mente il classico film dell’orrore. Immagini di pace e tranquillità: campolungo sulle terre dell’Istria, in cui l’occhio spazia dalla collina al mare, un piccolo borgo arroccato, il rumore del vento e dell’acqua. Poi si lascia spazio alla visione di alberi e boschi popolati di cervi e cerbiatti, che ci accompagnano in una dimensione di totale serenità.
La tranquillità della bellisssima boscaglia istriana viene squarciata da dei rumori, forse spari? Ecco allora silenziosamente apparire la co-protagonista di questi accadimenti la foiba e poi l’orrore due mani insanguinate che sbucano dalla terra.
Pace e orrore una dualità che contraddistingue il film, ma anche la vicenda vera in esso narrata.
Questa dualità sarà il vero filo conduttore di tutto il film.
Da un lato la quotidianità che si vive in terra istriana, a Visinada, per l’esattezza. Paese dell’entroterra istriano, arroccato nella sua tranquillità, nelle sue viuzze contorte, di sapore veneziano, nella sua multiculturalità, quasi ignaro di quanto nel mondo sta accadendo e dall’altro tutta l’atrocità della guerra, ormai inevitabilmente troppo vicina.
Questa tranquillità viene definitivamente sconvolta l’8 settembre del ’43 con la firma dell’armistizio, che porta caos tra i soldati, abbandonati a se stessi, senza ordini e direttive ma anche e soprattutto disorientamento e paura tra le popolazioni del Carso, dell’Istria, ma anche di Fiume e della Dalmazia, che si troveranno ad affrontare un nuovo nemico, un nuovo orrore.
I partigiani di Tito, spinti da una incredibile odio anti-italiano, iniziano a risalire la penisola istriana, seminando prima sconcerto, poi paura e infine lutti, tra gli oppositori del nuovo ordine.
Il regista Maximiliano Hernando Bruno ci proietta allora in un ulteriore cambio di prospettiva ed eccoci a Trieste, 60 anni più tardi, davanti al Magazzino 18 (per chi non lo sapesse qui si trovano ammassate tutte le masserizie, forzatamente abbandonate della gente d’Istria a seguito dell’esodo). Da queste masserizie e dal magazzino stesso ha tratto spunto Simone Cristicchi, per il suo celeberrimo spettacolo teatrale Magazzino 18, che personalmente consiglio di vedere a chi ancora non l’ha fatto.
La storia vera di Norma Cossetto. e della sua terra rossa istriana.
La visione del Porto Vecchio di Trieste ci introduce in un nuovo scenario, quello dei ricordi, di una popolazione, di una generazione che ancora dice lei, dopo sessant’anni deve fare i conti con il proprio passato.
Un’anziana signora entrata nel magazzino di beni abbandonati, ritrova in un vecchio armadio, abbandonato alla polvere del tempo, una bambola. La sua bambola, nascosta in un doppiofondo, nei momenti più tristi e drammatici della sua vita, per tenerla al sicuro.
Da questa bambola e dai ricordi che essa fa riaffiorare ecco dipanarsi la triste storia di Norma Cossetto, giovane italiana, barbaramente seviziata, uccisa e infoibata dalle forze jugoslave.
Attraverso la memoria scopriamo la storia di questa ragazza, della sua famiglia, della sua tesi di laurea: Rosso Istria (che trae il nome dal colore dovuto alla ricchezza di bauxite nel terreno istriano) per l’appunto.
Il titolo della tesi sarà premonitore, divententando presagio di un futuro fatto di incertezza, dolore e morte, per lei stessa, per la sua famiglia, per la sua gente, per la sua terra, che verrà tasformata da ricca e fertile “terra rossa istriana” in una terra rossa di ideologia e di sangue.
Raccontando una storia troppo spesso dimenticata e nascosta, alla quale non si vuole, ancor oggi, dare certezza.